La nostra selezione di Aprile 2023

 

Château Lafite Rothschild – Premier Grand Cru Classé Pauillac

Il primo riferimento storico ove si cita Lafite risale al 1234, dell’abate Gombaud de Lafite del monastero di Vertheuil, piccolo borgo a nord di Pauillac, area nella quale già esisteva una signoria in epoca medievale. Il nome deriva dal guascone “La Hite”, ovverosia ‘piccola collina’.

La famiglia dei Ségur inizia a piantare la vigna nel 1670 e già nel 1707 la Gazzetta Ufficiale di Londra pubblica un articolo nel quale si narrano le  qualità di questo grande vino citato come “New French Clarets”, venduto a bordo delle navi della marina britannica e acquistato in barrique persino da Robert Walpole, primo ministro di sua Maestà.

A quel tempo, infatti, i francesi ancora non mostravano particolare interesse per il vino rosso di Bordeaux, e la fama del castello si deve dunque anche ad “ambasciatori” insospettabili, quali il medico del Cardinale Richelieu, che glielo prescrive come miglior tonico per la salute. Descritto poi come “ambrosia degli dei nell’Olimpo” al sovrano Luigi XV, da quel momento in avanti nelle corti nobili francesi non si parla più di vino di Lafite, bensì di “vino del Re”.

In seguito è un giovane ambasciatore dei neonati Stati Uniti d’America, nel 1787, a visitare le migliori cantine del Médoc: il suo nome è Thomas Jefferson e rimarrà fedele a vita ai vini di Bordeaux.

Durante il periodo del Terrore successivo alla Rivoluzione francese, come accaduto a molti altri châteaux, anche Lafite viene sottratto ai nobili per essere venduto all’asta a degli olandesi; nel 1868 giunge nelle mani del Barone James Rothschild, capo del ramo francese della nota famiglia di banchieri, che vi è tuttora proprietaria.

Nel 1855 viene stilata la classificazione dei vini del Médoc, che lo conferma immediatamente al vertice della appellazione di Pauillac.

Si tratta di una delle tenute vitate tra le più estese del Médoc con 107 ettari, 70% dei quali impiantati a Cabernet Sauvignon, 25% a Merlot, 3% a Cabernet Franc e 2% a Petit Verdot. In rarissime occasioni alcune annate sono 100% Cabernet sauvignon.

In degustazione si presenta asciutto, con note di frutta fresca, rovere e leggero sentore di sigari; tutto ciò rende il vino di Pauillac incomparabile, ed oltre a questo, Lafite è fine e morbido.


Millesimo 2018

E’ un’annata terribile a causa delle difficoltà imposte dalla natura, che lo staff tecnico di Château Lafite Rothschild affronta con solerte impegno e competenza. L’inverno si presenta freddo e piovoso e la primavera umida, aprendo la strada alla peronospora che si abbatte sul vigneto. Una radiosa estate sovverte tuttavia ai mesi precedenti, facendo giungere alla vendemmia bacche perfettamente sane e sublimi, dotate di un’eccellente maturità.

La composizione del millesimo è di Cabernet Sauvignon (91%), Merlot (8,5%) e Petit Verdot (0,5%), donando al nettare un colore viola scuro tendente al nero e aromi incomparabili al naso con note di lillà e rose rosse, di terra fragrante, cannella, ciliegie e frutta matura.

Al palato il vino rivela un tessuto solido e splendido, dai tannini più finemente cesellati che si siano mai potuti cogliere. La struttura di medio corpo denota poi anche aromi floreali e note minerali, conducendo a un finale che non termina davvero più.

Evolutosi su Lafite in un nettare eccezionale, questo millesimo viene premiato da Parker con un emozionante punteggio massimo.

Se questo vino non farà scalpitare i cuori degli amanti dei vini bordolesi, allora nient’altro può riuscirci.

Un duplice festeggiamento per il vino che segna i suoi primi 150 anni di viticoltura dei Domaines Barons de Rothschild.

 

Château Saint-Pierre – 4ème Grand Cru Classé Saint-Julien

Le prime notizie sul castello di Saint-Pierre rimontano al XVII secolo.

L’archivio catastale attesta l’esistenza di una proprietà denominata “Serancan”, appartenuta ai marchesi di Cheverry. In conformità all’usanza dell’epoca, è poi il barone di Saint-Pierre nel 1767 a dare il suo nome al castello, sperando così che al momento della dipartita il santo potesse aprire con maggior favore le porte del paradiso.

Alla sua scomparsa la proprietà viene suddivisa tra i due figli, giusto all’alba della famosa classificazione del 1855: Saint-Pierre guadagna sul campo a pieno titolo il quarto livello della scala.

Seguono anche altri passaggi di mano, ed infine giunge Henri Martin, già proprietario di Château Gloria, che acquista varie parcelle e riunisce questo gioiello in una sola tenuta. Alla fine degli anni 2000 l’unità è stata ricomposta grazie appunto a uno degli imprenditori più illuminati dell’area bordolese. Nel giorno della riunificazione egli afferma: “mi ci sono voluti sessant’anni per percorrere i 100 metri tra Gloria e Saint-Pierre”.

Per lungo tempo questo Cru è stato tra i meno noti di Saint-Julien, anche a causa delle sue contenute dimensioni: 17 ettari per circa 60.000 bottiglie prodotte ogni anno. Grazie a Martin, nonché all’opera di Jean-Louis Triaud, Saint-Pierre ha continuato a progredire, e con una cantina di vinificazione all’avanguardia è attualmente tra i castelli capofila della sua denominazione.

 


Millesimo 2020

Le certificazioni ambientali ottenute marcano la sostenibilità delle vigne coltivate nella tenuta.

Il blend di 79% Cabernet Sauvignon, 15% Merlot e 6% Cabernet Franc nasce dopo un inverno mite dal germogliamento precoce e una primavera umida dalla fioritura altrettanto precoce: lo stress idrico estivo ha tuttavia rallentato in seguito la maturazione delle uve, ritardando anche la vendemmia. La resa delle varie parcelle è stata di conseguenza estremamente variegata, ma grazie a una gestione rigorosa del vigneto si è giunti a un nettare di qualità eccezionale, affinato in tini di legno per metà nuovi.

Il vino si mostra strepitoso, di frutti di bosco e liquirizia, oltre a una tessitura dalla trama elegante e cremosa; il finale è raffinato e solenne, impressionante. Grande riuscita, in puro stile Saint-Julien.

 

Château d’Arsac – Cru Bourgeois exceptionnel Margaux

La signoria d’Arsac è una delle più antiche del Médoc, iniziata con Guillaume Géraud d’Arsac agli albori del XII secolo; viene in seguito tramandata tra diversi proprietari bordolesi, tra i quali è doveroso citare Ernest Dubosc che la trasforma nel 1880 nella più ampia tenuta del Médoc e potenzialmente di Francia, con i suoi 250 ettari di vigne e strutture di lavorazione allo stato dell’arte.

Quando viene acquistato da Philippe Raoux nell’aprile 1986, tuttavia, Château d’Arsac era caduto in rovina, con i vigneti ridotti ad appena tre ettari di superficie, attrezzature e cantine abbandonate. Ripristinato alla sua precedente gloria, d’Arsac è stato promosso allo status di Cru Bourgeois Exceptionnel, ed è stato insignito anche di una medaglia d’oro dalla sezione Arte e Cultura del Great Wine Capitals Global Network di San Francisco.

La tenuta opera la transizione eco-sostenibile sin dai primi anni 2000, ottenendo in tal senso diverse certificazioni.


Millesimo 2020

Si ama dire sovente che i vini di Margaux ravvivino lo stomaco senza di contro “stancare la testa”. E’ un’impressione confermata in degustazione, ove Château d’Arsac svela un’impressionante finezza ed eleganza.

Colte a maturazione perfetta a dispetto di un clima molto caldo e secco che riduce in parte le rese, le uve di quest’annata si presentano in eccellente stato sanitario, e il vino prende così forma con un blend di 72% Cabernet Sauvignon e 32% Merlot.

La fermentazione avviene dalle due alle quattro settimane in cuve di acciaio termo-regolate senza rimontaggi; l’affinamento si ha in fusti bordolesi di nuovo e secondo passaggio.

Di colore rosso porporato con sfumature violette, il vino è intenso in bocca e combina fragranze di ribes e lampone ad aromi di violetta, pepe bianco e brioche; i tannini emergono avvolgenti in una bevuta che stupisce per potenza ed equilibrio.

Château d’Arsac serba un potenziale di affinamento eccellente, ma può essere apprezzato fin da giovane.

 

Château Quintus – Grand Cru Classé Saint-Emilion

Dalla fusione di Château Tertre Daugay e L’Arrosée nel 2011 è nato Quintus, terza costola delle proprietà della famiglia Dillon dopo Haut-Brion e La Mission Haut-Brion, ma le sue vigne recano una storia ben antecedente a tale data.

Nel 2021 Grand Pontet, Beau-Séjour-Becot e Clos Fourtet sono stati acquisiti dal gruppo per integrare Château Quintus, e sono sedici gli ettari attuali del castello posto sulla riva destra della Gironda. Il nome latino di Quintus, ovvero “cinque”, è un omaggio agli antichi romani che per primi piantarono qui la vite.

La famiglia Dillon non ha badato a spese per rinnovare la cantina, implementando tecnologia allo stato dell’arte alle strutture ed affidando la supervisione a Jean Philippe Delmas. Il sistema di termo-regolazione è lo stesso di Haut-Brion e molte delle vigne di Cabernet Sauvignon sono state sostituite con Cabernet Franc, maggiormente a loro agio nel peculiare suolo argillo-calcareo di Saint-Emilion.

La vinificazione avviene in tini di legno e di acciaio mentre l’affinamento si ha in fusti nuovi di quercia francese.

La tenuta sta rapidamente scalando i vertici delle classifiche, esaltata dalla critica e da un design piuttosto caratteristico delle bottiglie, ispirate alla forma di un’antica bottiglia di Haut-Brion scoperta in un antro dei pirati.

Senza alcun dubbio, la traiettoria di questo castello è tesa verso un promettente ed eccitante futuro.

 


Millesimo 2020

Château Quintus 2020 fonde un 62,5% di Merlot con un 37,5% di Cabernet Franc e ne risulta un vino di colore granato profondo, sicuro di sé, voluttuoso e piuttosto esuberante. Grande il frutto in purezza, sontuose le note di foglie di tabacco e sottobosco, amarena, cioccolato, liquirizia, lillà e anice stellato.

Vino classico di pieno corpo, ben costruito e densamente stratificato; sa svelare tannini fini, mineralità e un finale setoso, ancora di frutti e cacao.

Beneficerà ulteriormente dalla sosta in cantina che lo ammorbidirà, enfatizzandone ulteriormente i profumi.


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hanno scritto la leggenda dei vini di Bordeaux.


Robert McDowell Parker Jr. è un critico enologico statunitense. Le sue valutazioni dei vini su una scala di 100 punti e la sua newsletter The Wine Advocate sono influenti nell’acquisto di vino e sono quindi un fattore importante nella definizione dei prezzi per i vini di Bordeaux appena rilasciati. Questo lo ha reso il critico enologico più conosciuto e influente al mondo.