La nascita
Era il 1968 quando Sergio Manetti, proprietario del podere di Montevertine, decise di inoltrarsi nel mondo della viticoltura. Aveva acquistato il podere giusto un anno prima, ad un asta nella quale vennero vendute diverse proprietà agricole del Vescovado di Fiesole, fra le quali vi era appunto anche Montevertine, una collina nel mezzo dell’alta valle della Pesa, sotto il paese di Radda in Chianti. Vi era una villa da restaurare, qualche ettaro di terreno coltivato a grano, qualche olivo, un po’ di bosco e qualche filare di viti, piantate nel pendio che guardava a nordest. Queste viti erano vecchie, i filari erano storti. Erano “Pergole Torte”, come disse Bruno Bini, il mezzadro che abitava a Montevertine. Un caro amico di Sergio Manetti, Giulio Gambelli, giunto a Montevertine disse un’altra cosa: che quel terreno era adatto ad impiantarci una vigna fatta come si deve. Sergio Manetti non ci pensò due volte. Produrre il “suo” vino era sempre stato il suo sogno, lui veniva dal mondo della siderurgia, dove non c’è spazio per la poesia e la passione.
Vennero impiantati due ettari circa di vigna. Sangiovese in gran parte, un po’ di canaiolo, qualche vite di trebbiano e di malvasia. A quei tempi il Chianti Classico si faceva così. I pali che sostenevano i filari erano di cemento, di quelli coi buchi, arrotondati in testa. I filari erano larghi tre metri, fra una vite e l’altra c’era un metro. Il sangiovese era sangiovese, a quei tempi non si parlava ancora di cloni. La vigna venne bella, venne poi costruita la cantina, il primo vino venne fuori tre anni dopo. Era il 1971, era il Chianti Classico di Montevertine, era buono. Sergio Manetti aveva coronato il suo sogno di essere viticoltore.

Poi a Montevertine avvennero molte cose. Nel corso del tempo furono impiantate altre vigne, furono ampliate le cantine, il vino prodotto a Montevertine cominciò ad essere conosciuto ed apprezzato. Nel 1977 fu presa la decisione di produrre un vino nuovo, un sangiovese in purezza fatto con uva proveniente dalla vigna più vecchia. Nacque così un vino che prendeva il nome dalla vigna, un cru, come in Borgogna o in Piemonte. Si chiamava Le Pergole Torte.
Questo vino ebbe un successo immediato. Dopo tanti anni di immobilismo, qualcosa di nuovo nasceva fra le colline del Chianti Classico. Sull’etichetta però non appariva questa denominazione. Il consorzio a quel tempo non la concedeva ad un vino prodotto con sola uva sangiovese. Sergio Manetti non se ne fece un cruccio, chiamò il nuovo arrivato semplicemente Vino da Tavola e andò avanti per la sua strada

Oggi la prima vigna ha cinquanta anni. Diciotto anni fa Sergio Manetti ci ha lasciato, come hanno fatto Giulio e Bruno, sei e cinque anni fa.
Montevertine però guarda al futuro. Oggi gestisce l’azienda Martino Manetti, figlio di Sergio. Le premesse sono le stesse, continuare l’opera con stile, senza cambiare nulla nel metodo di vinificazione. Fermentazione alcolica e malolattica in vasche di cemento, invecchiamento in barriques Allier di tostatura media nel primo anno e in botti di rovere di Slavonia nel secondo. Nessuna filtrazione ne’ chiarifica, imbottigliamento per caduta e riposo in bottiglia di almeno tre mesi prima dell’uscita sul mercato.
Ciò che è cambiato negli anni, inevitabilmente, è l’uva. La produzione del Pergole Torte è via via aumentata col tempo, man mano che anche le altre vigne acquistavano maturità.
Oggi la selezione di sangiovese viene fatta anche nelle vigne contigue, tutte comunque di età superiore ai quindici anni. Ma il cuore della produzione rimane sempre dove tutto è iniziato, nella prima vigna di Montevertine
Il vino
Le Pergole Torte non è mai stato, e mai vorrà essere, un vino di impatto immediato, concentrato, muscoloso. E’ semmai il contrario, elegante, soffice, persistente ma allo stesso tempo delicato. Un vino che solitamente è meglio aspettare per un po’, all’uscita non rivela quasi mai tutte le sue qualità, specie quando si parla di una buona annata. Quello che Montevertine cerca di fare è portare nel bicchiere il gusto dell’uva, e quindi di riflesso la terra, rispettando quello che ha dato la natura, nel bene e nel male.

La vendemmia 2021
Le condizioni climatiche hanno innescato una sequenza di avvenimenti che hanno messo a dura prova tutte le aziende. A un inverno abbastanza mite e molto secco, è seguita una primavera all’inizio molto calda, che poi si è trasformata da metà aprile in una stagione di tipo tropicale, con clima caldo umido e piogge quotidiane. Queste condizioni hanno favorito la diffusione della Peronospora, che mai a memoria d’uomo si è rivelata così aggressiva e perdurante. Il tempo ha poi virato verso un caldo torrido e secco che, a parte un paio di temporali estivi molto intensi, durante i quali si è presentata anche la grandine, è durato fino a metà Ottobre. In compenso, non si sono presentati ulteriori problemi come l’oidio e la tignola, risparmiando ulteriori trattamenti in vigna. Il risultato di tutto ciò è stato un deciso calo di produzione, che si stima circa un 20% in meno rispetto al 2022, e una maturazione delle uve decisamente ritardata, molto lenta. Il caldo non ha mollato fino alla fine della raccolta, avvenuta giovedì 12 ottobre. Le fermentazioni in cantina sono state poi lunghe e impegnative. Un’annata difficile, ma senza alcun timore, di altissimo livello. Vini di grande spessore e profondità ma allo stesso eleganti e piacevoli, da bere con gioia!
Le etichette d’artista
Le etichette con volti di donne astratte disegnate da Alberto Manfredi hanno reso questo vino ancora più affascinante e hanno sicuramente contribuito a costruire la sua reputazione. All’inizio, Le Pergole Torte utilizzava un’etichetta semplice con scrittura in corsivo inglese, ma le cose cambiarono successivamente. La prima collaborazione con Manfredi avvenne con l’annata del 1982, e il grande successo di quel vino spinse Sergio e Alberto a continuare su quella strada, creando nuove etichette, ognuna unica per ogni annata, ma sempre con volti femminili come tema principale.