Il quadro internazionale
La crescita costante di domanda di vini rosati ne sta stimolando sia la produzione sia la commercializzazione in tutto il mondo.
Perfino l’Huffington Post ha scritto «#roséallyear, rosé tutto l’anno è diventato un hashtag», evidenziando come sia cambiato l’approccio a questo vino, un tempo considerato prevalentemente un vino da bere fresco durante l’estate, mentre oggi consumato in molte altre occasioni, dall’aperitivo al pasto completo.
La produzione mondiale è arrivata a circa 24 milioni di ettolitri, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti al 2016) forniti dall’Osservatorio economico mondiale dei vini rosati, di France Agrimer e Civp-Conseil interprofessionnel des vins de Provence, e il trend è in continua crescita.
La classifica dei mercati vede sempre la Francia al primo posto con il 31%, seguita da Stati Uniti (14%) e Germania (8%), mentre l’Italia figura al quarto posto.
La Spagna, pur avendo un’elevata quota di produzione (20%), destina quasi integralmente il prodotto all’export, mentre il consumo interno resta molto basso.
In UK si è registrata un’impennata: Marks & Spencer dichiara un incremento del 100%; Waitrose addirittura del 104%; un mercato in forte crescita anche grazie alla nuova moda del “rosé frosé“: un cocktail con ghiaccio, vino rosato con succo di limone e zucchero.
Il rosé inoltre, già ben classificato in Sudafrica, che da tempo ne è un valido produttore, sta conquistando anche il mercato australiano.
Il contesto Italiano
L’Italia è quarta per produzione di vini rosati, ma il consumo interno è in proporzione piuttosto basso, si colloca infatti infatti solo al 4%, contro una media mondiale del 10% e di oltre il 30% nella sola Francia.
Eppure anche l’Italia è stata toccata dall’onda lunga della crescita di consumo mondiale, infatti, dal 2014 a oggi, le enoteche nostrane hanno registrato un aumento delle richieste di vini rosati stimato tra il 10% e il 20%.
Un dato in continua crescita, basti pensare che nel 2017 sono stati venduti 28 milioni di litri di rosato fermo (con una crescita del 1,9%) e quasi 8 milioni di litri di rosato frizzante (con una crescita del 3,9%) con incrementi a valore rispettivi del 3,6% e del 2,3%.
A confermare il trend positivo si segnala inoltre il “Patto” stipulato tra i cinque maggiori distretti dei rosati autoctoni italiani (Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino), segno tangibile della volontà dei produttori di unire le forze per scommettere sul mercato del rosè.
Altri dati molto interessanti sulla vendita del rosato in Italia arrivano dalla banca dati di Tannico, leader italiano nella vendita di vini on line.
Tannico, con oltre 1 milione e settecentomila utenti per un volume di 1 milione di bottiglie vendute e 50mila utenti registrati, segnala che i vini rosati si stanno liberando del loro carattere stagionale e risultano apprezzati soprattutto dai consumatori più adulti (over 55 anni).
I vini rosati più acquistati su Tannico sono quelli provenienti dalla Provenza (20%), seguiti proprio da quelli prodotti in Puglia (17%), Sicilia (14%), Abruzzo (11%), Sardegna e Alto Adige (9%), Lombardia e Toscana (8%), Campania (4%).
Un altro mito da sfatare definitivamente è che il rosato sia un vino preferito dal gentil sesso, infatti durante il Salone internazionale dei vini rosati Rosèxpo, tenutosi a Lecce gli scorsi 23 e 24 giugno, è emerso che le acquirenti donne sono il 73% mentre gli acquirenti uomini il 67% (Indagine di Nomisma Wine Monitor).
Perché il rosato in Italia non ha ancora sfondato nell’ambito della ristorazione?
Nonostante i vini rosati si sposino perfettamente con molte portate, soprattutto con i grandi piatti di mare, l’Italia deve ancora lavorare molto sulla comunicazione di questi vini, facendoli entrare nell’immaginario dei consumatori dando vita a nuove emozioni e fusioni di sapori.
Pierfelice Audisio